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Tutto (ma proprio tutto) sul Nebbiolo Bianco: la nostra degustazione con i migliori Arneis
Fare una chiacchierata con Francesco Monchiero, presidente del Consorzio di Tutela del Roero, è come assicurarsi un viaggio nella storia e nell’anima di un territorio bellissimo che lui sintetizza in “baciato dal sole d’estate e accarezzato dalle neve d’inverno”.
Ma, soprattutto, coperto di vite e di una gran bella varietà di piante da frutta, con al centro il nocciolo e il pesco. D’altronde, è incluso nella lista dei paesaggi Patrimonio dell’Umanità tutelati dall’Unesco. Se, poi, chi ci vive, si affida a personalità come Monchiero – adesso è chiaro perché è arrivato al terzo mandato -, e all’allegro e laborioso “manipolo” di produttori di vino che uno come Nicolò Miletto (azienda Gallino) dice di essere bravi viticoltori ma anche gran chiacchieroni, allora ti spieghi le suggestioni che esprimono i vini del Roero Docg. Noi l’abbiamo constatato nel corso della degustazione virtuale di una dozzina di etichette di Roero Arneis che ha organizzato il Consorzio di Tutela Roero – 231 soci di cui 146 produttori e 85 viticoltori -, con Monchiero per la sua lunga – ma non noiosa, anche se a Silvia Baratta di Gheusis che ha “gestito” l’incontro, virtuale ovviamente, sono un po’ rizzati e capelli per la continua sforatura dei tempi – prolusione storica per descrivere il territorio e le vigne prevalentemente di Arneis, Nebbiolo e Barbera.
Monchiero non ha trascurato nessun aspetto del Roero che, come dimostrano i ritrovamenti di anfore, era già terra da vino ancor prima della conferma risalente al VII secolo a.C. Una produzione poi potenziata dai romani, che impostarono quella che potremmo anche definire una viticoltura moderna visto l’impegno verso l’efficienza e la qualità del vino prodotto. Altro periodo importante per il Roero viticolo può essere datato all’XI secolo, in particolare con lo sviluppo dell’alteno, antica forma di agricoltura con vite maritata (tenuta alta) a sostegni vivi come alberelli di acero o di olmo. In questo periodo furono emanate leggi in materia di salvaguardia e regolamentazione della produzione vitivinicola con, in più, la nascita dei toponimi per individuare i terreni più vocati per la vite che torneranno utili con l’arrivo della fillossera che salvò dal flagello le zone più vocate alla coltivazione della vite. Insomma, una sorta di anteprima delle zonizzazioni che adesso sono importanti per esaltare i terroir più vocati. Questa lungimiranza è stata praticata anche nella
scelta di quei vitigni che si sarebbero acclimatati meglio, oltre a permettere la produzione di grandi vini rossi come il Barolo e il bianco Roero Arneis, sia pure da “fratello minore”, che avrebbero assicurato una produzione di qualità. Questo convivenza di due grandi vitigni, fa del Roero un territorio unico tipo la Borgogna, che oltretutto c’è né di pochissimi in giro.
Secondo quanto stabilito dal disciplinare di produzione, che è stato aggiornato nel 2017, la Docg Roero è riservata al Roero Bianco da uve arneis e al Roero Rosso da uve nebbiolo. Il Roero Docg prevede la tipologia riserva che per il bianco può essere rivendicata dopo 16 mesi di affinamento mentre per il rosso dopo 32 mesi. La tipologia spumante è prevista esclusivamente per il Roero docg bianco. Questa volta la degustazione è stata riservata al docg bianco Roero Arneis. Per questo Monchiero, quando è arrivato al vino, ha parlato molto più diffusamente di Arneis, un vitigno che ci sarebbe sempre stato in queste terre, anche se tracce scritte risalgono tra la fine del 400 e l’inizio del 500 e, addirittura con la segnalazione di una vigna chiamata “moscatelli et renexij”. Mentre come Arnesio, sicuramente il primo nome del moderno Arneis, appare tra il ‘700 e l’800. E, d’allora inizia la conquista delle tavole di tutto il mondo da parte dei viticoltori roerini anche con il vino bianco che qualcuno ha pure indicato con il nome “nebbiolo bianco”. Ma noi, da gran chiacchieroni e da bravi produttori, direbbero i vigneron di Arneis, riusciamo a fare bere indifferentemente rosso e bianco, purchè di qualità. E, così, quando c’è da rafforzare il trend già positivo dei consumi di Roero Docg e di rendere sempre più semplice e immediata la conoscenza di questa denominazione, il Consorzio non fa distinzioni tra rosso e bianco, perché ha solo l’obiettivo di fare arrivare agli appassionati del buon bere e agli operatori del settore, del Roero Docg di grande qualità.
Questo avviene con i Roero Days, organizzati ogni anno tra marzo e aprile in una città diversa, per fare scoprire tutte le eccellenze che rendono tanto rinomato questo distretto viticolo del Piemonte. Questa importante manifestazione itinerante ha l’obiettivo principale di avvicinarsi sempre di più a pubblici geograficamente diversi e di affermare i vini Roero Docg come prodotti di livello nazionale, che possono essere consumati in contesti diversi e che sono adatti ad accompagnare cucine di altri territori, sottolinea Monchiero. L’evento, articolato in due giorni, alterna banchi d’assaggio dove i produttori incontrano i visitatori a masterclass e pranzi d’autore con alcuni dei migliori chef del territorio. L’edizione 2021 si terrà alla Reggia di Venaria, una delle più belle dimore sabaude, tutelata dall’ Unesco. Poi c’è la Roero Wine Week, che coinvolge ristoratori, enoteche e wine-bar in tutta Italia: ai
locali che aderiscono all’iniziativa viene data la possibilità di proporre al pubblico un calice di Roero docg e di ospitare, quando possibile, i produttori, per permettere ai propri clienti di incontrare i protagonisti di questo vino. Quest’anno il Consorzio di tutela del Roero e l’Ecomuseo delle Rocche del Roero, avevano programmato anche i WineTour, che sono facili escursioni alla scoperta dei vigneti di maggior pregio del Roero, da percorrere in bici o a piedi. Attraverso quattro itinerari panoramici, si sarebbero potuto avventurare tra i vigneti e le cascine che toccano i punti di maggiore interesse paesaggistico e naturalistico, ma anche tra i centri storici, con le loro botteghe artigiane, i punti vendita al dettaglio e le gastronomie, le attività di ristorazione e le strutture ricettive. Causa Covid, tutto posticipato all’anno prossimo.
A raccontare i vini ci hanno pensato alcuni produttori come, oltre al citato Miletto, Cristiano Repellino (Bric Castelvej), Carlo Ferrero (Cascina Lanzarotti), Davide Chiesa, Francesca Rabino (Fratelli Rabino), Lucrezia Carrega (Malabaila), Giacomo Damonte (Malvirà), Lucrezia Carbone (Monchiero Carbone), Alessandro Costa, Daniela Pelassa, Emanuele Buganza, Emanuele Buganza, Enzo Taliano.
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