Sulle dolci colline del Roero: un vino, un territorio, una storia

La zona, Patrimonio Unesco insieme a Langhe e Monferrato, raccontata attraverso la loro particolare espressione del Nebbiolo e 6 bottiglie da non perdere

“Fra queste colline anche il silenzio è verde”. Così Mauro Alfonso – filosofo e poeta – tratteggia in versi il fascino poetico delle colline del Roero. Una fotografia immediata, precisa dei paesaggi caratteristici che completano la rive gauche del fiume Tanaro, tra la pianura di Carmagnola e le basse colline dell’Astigiano. “Un’eccezionale testimonianza vivente della tradizione storica della coltivazione della vite, dei processi di vinificazione, di un contesto sociale, rurale e di un tessuto economico basati sulla cultura del vino”, con questa motivazione a giugno del 2014, insieme a quelli di Langhe e Monferrato, i territori del Roero sono stati dichiarati Patrimonio Mondiale UNESCO.

Roero, un vino, un territorio, una storia

Un’area del Piemonte, quella del Roero – Roé in piemontese – da sempre legata alla tradizione contadina, alla terra e ai suoi frutti più nobili come i tartufi, le nocciole e, naturalmente, alla coltivazione della vite e della produzione di vino. Un paesaggio che nel tempo è stato trasformato e plasmato dalla presenza delle vigne divenute, nei secoli, componenti principali della cultura e della quotidianità di questa terra. E nelle trame di questa cultura fondante che nasce il rapporto indissolubile tra il Roero, terra di passione e orgoglio e “Roero”, il frutto di quei vigneti che punteggiano le verdi colline alla sinistra del Tanaro. Un vino dalla beva agile, immediata, ma non per questo meno consapevole della sua propensione all’invecchiamento. Fragranza, finezza, struttura elegante e tannicità più contenuta rispetto ai vicini di casa, Barolo e Barbaresco, le caratteristiche più incisive del Roero Docg Rosso.

Uve Nebbiolo allevate e lavorate nei 19 comuni della denominazione – Canale, Corneliano d’Alba, Piobesi d’Alba e Vezza d’Alba, e in parte di quelli di Baldissero d’Alba, Castagnito, Castellinaldo, Govone, Guarene, Magliano Alfieri, Montà, Montaldo Roero, Monteu Roero, Monticello d’Alba, Pocapaglia, Priocca, S. Vittoria d’Alba, S. Stefano Roero, Sommariva Perno – per minimo 95%, come previsto dal disciplinare, anche se in realtà la quasi totalità delle aziende produttrici di Roero Docg Rosso, preferiscono “lavorare” il Nebbiolo in purezza. Alcuni registri risalenti al XVIII secolo testimoniano come nelle cantine della zona giacessero diverse tipologie del vitigno autoctono del Piemonte, dal secco al dolce, dal “vecchio” all’amabile. Nei secoli successivi diventa l’uva rossa più apprezzata, tanto da mantenere un’importante presenza nei vigneti nonostante l’arrivo della fillossera, proprio perché si riteneva il Roero una delle zone più vocate per la sua coltivazione.

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