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Roero: un gran bel viaggio di piacere tra vino e natura
ALLA SCOPERTA DELL’OLTRETANARO
Negli ultimi decenni si è scoperto che la Langa ha un compagno altrettanto coinvolgente, che sta dalla riva opposta del fiume (Tanaro) e ostenta ambienti così tanto carichi di passione, da non avere nulla da invidiare ai dirimpettai, ogni tanto ancora più aspri, selvaggi e spensierati. Già, il Roero, una superficie affascinante che ormai ha dismesso i panni del fratello minore e che specialmente con i suoi vini continua a circolare sulle tavole del mondo, con un appeal sempre più preciso e identitario nel gusto dei suoi estimatori. Borghi pittoreschi, castelli carichi di storia, imponenti pievi e santuari colpiscono per il loro “disegno” su di una tappezzeria di vigneti, frutteti e boscaglia.
Per ammirare una delle parti maggiormente naturali e, con buona probabilità, dell’intero Piemonte, occorre dirigersi tra Pocapaglia e Montà, fino a Cisterna d’Asti, ove si estende il tipico paesaggio nominato “Rocche del Roero”, ovvero una lunga frattura del terreno contraddistinta da pareti a picco e pinnacoli di sabbia in lenta erosione, che assumono una singolare bellezza in virtù delle tonalità con cui le pareti si colorano nelle giornate di sole.
Sono formate altresì da un peculiare intreccio di bacini e conche ricoperti nei fondivalle da una vegetazione incontaminata e variopinta, la quale cresce spontanea e rigogliosa. Il tutto costituisce un habitat ideale, perché nello strato inferiore delle Rocche si sviluppino e crescano i celeberrimi tartufi bianchi d’Alba.
UNA VITICOLTURA ANTICA ALL’INTERNO DI UNA NOTEVOLE VARIETA’ DI SUOLI
Alla sinistra orografica del fiume si trovano quindi i confini di una denominazione degna di lode, in passato associata troppo spesso a quella di Barolo e Barbaresco, ma che, in realtà, per storia e composizione dei terreni, registra ben poco in comune con i due areali delle Langhe. Quella del Roero è una pratica agricola antica (XIV secolo), eppure per molti anni i suoi vini non possiedono una collocazione autonoma così come un prestigio riconosciuto, e soprattutto vengono ritenuti quasi figli di una viticoltura minore.
Infatti, avrebbe meritato sin dall’inizio una considerazione ben diversa, poiché se si vanno a leggere i libri di cantina delle famiglie nobili e borghesi del luogo, si scopre che i vini sono tenuti, fin dal Settecento, in grande stima, e vengono prodotti con acume e dovizia di particolari.
Il Roero, terra geologicamente più giovane rispetto alle Langhe, in quanto coperto dai mari per un tempo maggiore, giustifica così l’effettiva e consistente presenza di fossili marini. Anche qui non tutto è uniforme, ma nel voler delineare la sua struttura, si potrebbe riassumerla in tal maniera: sabbia che si abbina a calcare; arenarie e argille che costituiscono il tratto essenziale di suoli ricchi in potassio, calcio e fosforo.
In più, la tessitura sabbiosa morbida dei suoi appezzamenti rende il territorio ideale per i vitigni a bacca bianca (Arneis e Favorita), così come l’altitudine minore dei colli e un clima sostanzialmente mite, fanno sì che sia altrettanto attraente per la maturazione di varie uve a bacca rossa (Nebbiolo, Barbera, Dolcetto).
I VINI PORTABANDIERA DEL ROERO
Roero DOCG e Roero Arneis DOCG sono la denominazione che insiste su questa zona ed è arduo stabilire con certezza se lo scettro di vino portabandiera spetti al primo o al secondo dei due nettari menzionati.
Certo, l’Arneis sino a quarant’anni fa, è quasi sconosciuto persino in Piemonte e i vignaioli preferiscono mescolare queste uve bianche con quelle di Nebbiolo per ammorbidirne il sapore. L’aspetto più straordinario di questo vino, che accompagna egregiamente i piatti di pesce e che gode oggi di meritato successo, è la rapidità con cui si è imposto sul mercato: una sorta di marketing al tempo stesso “inventivo e genuino”, proprio per l’orientamento piemontese verso i vini bianchi, all’epoca non previsto.
Non ci si imbatte più quindi in Arneis ossidati e senza particolari pretese, ma ora si può godere delle sue tonalità paglierine chiare, del suo profumo fresco e delicato talvolta fruttato, talvolta di fiori selvatici e dal suo gusto salino e asciutto. Lo accompagna spesso una personalità spiccata ed un’elegante struttura, con persistenza gradevolmente amarognola di mandorla e qualche ricordo erbaceo.
Nella quasi totalità dei casi il Roero DOCG è un Nebbiolo in purezza, dove i terreni sabbiosi di argilla silicea gli conferiscono più leggerezza di corpo e di colore rispetto ai possenti e imperiosi Nebbioli di Langa. Meno austero, ma sicuramente più morbido, più fruttato e sicuramente più vivace. Il rubino non troppo intenso, con
aromi che ricordano la viola, il lampone, la pesca (frutto sacro da quelle parti) ed il suo sapore secco e nervoso, garantiscono freschezza e bevibilità, anche se non mancano versioni piuttosto dense e concentrate.
Ed è bello infine ricordare, che questa denominazione proviene da un gruppo di produttori perlopiù giovani, entusiasti e correttamente ambiziosi.
Il Piemonte è una regione vinicola favolosa, come sicuramente state scoprendo ora. Per altre regioni vinicole e i loro vini di nota, esplorate assieme a Filippo Bartolotta, l’esperto di vini italiani di Mamablip, su alcune regioni vinicole italiane. Conoscere i vini italiani ti fa venire voglia di abbinarli a un classico piatto italiano? Dai un’occhiata all’Indice delle ricette di Mamablip per un sacco di gustosi piatti italiani e i nostri suggerimenti sulle opzioni di abbinamento perfetto tra cibo e vino. Mamablip ha anche le selezioni di vino coperte per te – non perdere le nostre selezioni di vini preferiti!
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