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Nuova veste per le bottiglie istituzionali del Roero Docg
Insignita del Premio alla Carriera Montecitorio nel 2018 e inserita nel 2019 nell’Atlante dell’Arte Contemporanea De Agostini, Feny Parasole è un’artista cresciuta a Bra e diventata di fama internazionale. Per le nuove etichette del Roero ha adottato una tecnica mista: una base a inchiostro, sui cui ha lavorato con il tratto grafico e con gli acquerelli.
“I sentieri zigzagati raccontano la golosità del territorio che ho vissuto fin da ragazzina – racconta Feny – quando mi è stato chiesto di realizzare le etichette, il progetto è partito dal cuore di tutte le persone che ho incontrato, che mi hanno manifestato necessità complesse, articolate e che mi hanno coinvolta nel profondo. Non è un progetto usuale, per i miei parametri, ma è meraviglioso: mi sono innamorata della richiesta che mi hanno fatto, coniugare anime leggere e profonde, con anime antiche e futuribili. Un mix&match che rappresenta un po’ la vita di tutti noi”.
Come trovare il linguaggio giusto per esprimere il mondo Roero? Unendo le sue due anime.
“D’emblée mi sono venute due parti, dei disegni minimal con fondo bianco, poi delle macchie di colore con emozioni diverse. Voler raccontare la storia, il futuro, chiedere di far pensare, riflettere. L’ho trovato difficilissimo ma molto bello, mi ha assolutamente coinvolta perché condivido questa filosofia che non lascia niente indietro: essere insieme leggeri e profondi”.
Per la realizzazione grafica, responsabile del progetto è Barbara Facchin dello studio torinese Labelcinque, che ha tradotto l’arte in etichette e sottobicchieri.
“I sottobicchieri sono nati dopo le etichette, come materiale di supporto alla comunicazione – spiega Barbara – ci è venuto naturale immaginare le etichette di Feny trasferite dal rettangolo in un cerchio in cui gli elementi erano già racchiusi. Nel retro, recuperiamo i termini che descrivono il Roero: “cuore”, per la passione e il legame con il territorio, “onda” e “antica”, che rimandano al passato del Roero, “bianco” per i terreni sabbiosi e tufacei.”
I colori scelti richiamano appunto quelli del territorio: il bianco del tufo, tipico dei terreni del Roero nel quale la tradizione contadina usava scavare a mano cantine sotterranee per custodire i preziosi vini imbottigliati; l’azzurro dell’acqua del Golfo Padano – un mare interno che occupò l’area del Roero fino a circa due milioni di anni fa – e del fiume Tanaro, la cui cattura plasmò il territorio del Roero, il verde delle vigne e il giallo paglierino e il rosso rubino dei vini di questa terra.
Il Roero, patrimonio Unesco dal 2014, è il territorio a nord di Alba che in passato veniva indicato come Langhe, e che deve oggi il suo nome ai Conti Roero che lo hanno governato. Dopo Barolo e Barbaresco è stata la terza zona italiana a mappare le 135 MGA – Menzioni Geografiche Aggiuntive – più 18 menzioni comunali. La superficie vitata è di 1200 ettari: 900 sono coltivati ad Arneis e 300 a Nebbiolo. Le prime tracce scritte di coltivazione del Nebbiolo in questa zona risalgono al 1300, l’Arneis nasce intorno al 1478. Ora il Consorzio di Tutela Roero conta 233 soci di cui 147 produttori, e dalla sua fondazione nel 2014 ha come obiettivo la promozione della Docg del Roero Bianco e Rosso, le due anime del suo territorio.
“ Colline molto ripide, più piccole di quelle delle Langhe, separano una valle dall’altra – spiega Francesco Monchiero, Presidente del Consorzio – circa il 50% della superficie vitata rientra all’interno di una selezione di “cru”, volta alla ricerca qualitativa. Conserviamo la biodiversità del territorio, i cui terreni giovani sono adatti alla coltivazione di ortaggi e frutti freschi profumati, come gli asparagi, la fragola e la pesca, grazie alle sabbie sedimentate nel corso di milioni di anni. Con i Roero Days ci facciamo conoscere attraverso esperti e seminari negli altri territori italiani: nel 2015 a Torino, poi Milano, poi al Castello di Guarene, siamo stati anche a Bologna. Il Roero conserva anche una parte “wild”, quella delle Rocche, con un Ecomuseo che le protegge. Per il turista abbiamo pensato anche ad un’app che permette di scoprire quattro itinerari molto semplici che descrivono il territorio.”
L’abbinamento cibo-vino che vince su tutti è quello che lega i prodotti tipici del territorio. Chef Davide Palluda del ristorante stellato “All’Enoteca” di Canale, si fa paladino del territorio e della sua identità culturale ritrovata, complice un orgoglio rorino molto forte.
“Il Roero ha accompagnato la mia crescita come Chef. Le abitudini a tavola sono molto cambiate, noi cuochi mescoliamo senza esitazioni dolce e salato, la cucina contemporanea di oggi è fatta soprattutto di vegetali, e le proteine vegetali hanno più appeal di quelle animali. Dobbiamo cercare la profondità nel Roero, sfatando anche dei pregiudizi, come quello che vede l’Arneis da consumarsi in annata. Dopo 4-5 anni esce un vino di petto e di forza, in linea con la cucina di oggi. Il Roero è un territorio giovane e nuovo che desta curiosità, può essere ambasciatore del Piemonte nel mondo.”
Un brindisi al Roero e ai suoi ambasciatori di arte, cucina e territorio!
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