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Il Roero, una terra ricca di storia e biodiversità
“Una curiosità acuta, quando finalmente lasciai la Genova–Milano per la Tortona-Torino, dominava ogni mio altro pensiero. Un nome Arnèis, mi aveva colpito. Arnèis: un bianco asciutto ancora famoso verso la fine del secolo scorso ma oggi introvabile: e che, in ogni modo, non avevo mai incontrato. Quella curiosità non lasciava spazio se non allo studio (…)”.
Si tratta infatti di un vitigno tipicamente cuneese, che come riportato nel quarto volume del grande trattato del Cosmo: ”l’attuale coltivazione dell’Arneis si estende in ristrette aree poste alla sinistra del fiume Tanaro, negli ex circondari di Canale-Alba e interessa soprattutto la cosiddetta zona dei Roeri: Santo Stefano Roero, Monteu Roero, Montaldo Roero, Baldissero, fino a Corneliano, Monticello e Piobesi d’Alba”. Quest’uva era quindi piuttosto conosciuta nella zona in questione, molto meno altrove. Così lo racconta Mario Soldati e lo descrive come “profumatissimo ma di estremo garbo; non di frutta ma di fiore, con una fragranza amarognola, come di geranio. (…). Un vino che non stanca. (…). I Roeri sono, anche, una zona elettiva del vitigno Nebbiolo quando, nella provincia di Cuneo, non produce vini che portino la denominazione di Barolo o Barbaresco, ma appunto un vino chiamato semplicemente Nebbiolo. Non stupisce perciò che “Nebbiolo Bianco” sia un sinonimo vero e lecito dell’Arneis.”.
Con queste parole Mario Soldati ha visto in modo attento le grandi potenzialità espressive di questo territorio Piemontese situato nella provincia di Cuneo. Rispetto alla vicina Langa si caratterizza per una notevole varietà di paesaggi che, accanto alla vite, vedono la presenza di boschi e frutteti e non da ultime le Rocche, rilievi scoscesi che tagliano il territorio da sud-ovest a nord-est, da Pocapaglia a Montà, dividendo i suoli continentali, a base di ghiaie e argille fluviali, da quelli di origine marina, dove la vite trova le sue condizioni ideali.
Un luogo caratterizzato da una ricca biodiversità, ma anche delle tante cascine che toccano i punti di maggiore interesse paesaggistico e naturalistico.
il Roero è quella porzione di territorio situata a Nord di Alba, sulla riva sinistra del Tanaro, tra la pianura di Carmagnola e le basse colline dell’Astigiano, una zona che vede nello sviluppo della viticoltura un’origine antica, antecedente all’arrivo dei Romani, fin dalla presenza dei Liguri, grazie probabilmente all’influenza degli Etruschi.
Dal giugno 2014 i paesaggi vitivinicoli del Roero, insieme a quelli di Langhe e Monferrato, sono stati dichiarati Patrimonio Mondiale UNESCO poiché «sono una eccezionale testimonianza vivente della tradizione storica della coltivazione della vite, dei processi di vinificazione, di un contesto sociale, rurale e di un tessuto economico basati sulla cultura del vino».
La zona della DOCG Roero comprende per intero il territorio amministrativo dei comuni di Canale, Corneliano d’Alba, Piobesi d’Alba e Vezza d’Alba, e in parte di quelli di Baldissero d’Alba, Castagnito, Castellinaldo, Govone, Guarene, Magliano Alfieri, Montà, Montaldo Roero, Monteu Roero, Monticello d’Alba, Pocapaglia, Priocca, S. Vittoria d’Alba, S. Stefano Roero, Sommariva Perno.
Fondato nel 2013, il Consorzio di Tutela Roero si sta muovendo in modo attivo nella valorizzazione del territorio del Roero e dei suoi vini, attraverso la sinergia fra i produttori e i viticoltori del territorio. Francesco Monchiero, Presidente al suo terzo mandato ha saputo far crescere l’Associazione, che oggi è arrivata a rappresentare 231 soci (146 produttori e 85 viticoltori).
Una delle ultime novità è senza dubbio l’inserimento delle MGA (Menzioni geografiche aggiuntive), arrivata nel 2017 (terza zona d’Italia ad aver fatto questa zonazione); il ⇾nuovo disciplinare – in vigore appunto dal 2017 – comprende 135 MGA, che identificano in etichetta le vigne di un territorio e valorizzano i vini prodotti da uve provenienti da queste aree, elevandoli a veri e propri cru. Un lavoro svolto in modo cosciente e accurato dai produttori, che hanno scelto di seguire le curve di livello, evitando i versanti nord a parte la sommità delle colline.
Dal punto di vista climatico, il Roero è considerato una zona semi-arida, le sue colline sono quasi totalmente sprovviste d’acqua: i sottili strati marnosi che si alternano a quelli sabbiosi offrono riserve idriche solo temporanee, come dimostra il paesaggio viticolo cosparso di cisterne per la raccolta dell’acqua piovana o di pozzi per pescare dalle falde acquifere. Oggi i terreni del Roero sono prevalentemente di tipo marnoso-arenario con una presenza preponderante di arenarie, rocce sedimentarie di origine marina, e un buon tenore in calcare, argilla e sabbia, che rende il terreno sciolto e conferisce sofficità e grande permeabilità. L’origine marina dei terreni li rende piuttosto poveri di sostanza organica ma ricchi in sali minerali.
In base all’epoca di emersione dalle acque incontriamo diversi suoli, con sedimenti sabbioso-ghiaiosi continentali, sabbioso-marini e argilloso-marini. Questi profili sono riscontrabili a volte uno accanto all’altro, a volte sovrapposti uno all’altro, e costituiscono delle vere e proprie macro-aree, disposte lungo la direttrice che va da nord-ovest (le Rocche) a sud-est (i territori più vicini al Tanaro).
Secondo quanto stabilito dal disciplinare la Docg Roero è riservata al Roero Bianco da uve Arneis e al Roero Rosso da uve Nebbiolo. L’Arneis è coltivato nel Roero praticamente da sempre, ne troviamo le prime tracce scritte, tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500, nelle forme Reneysium e Ornesium e nella citazione di una vigna chiamata “moscatelli et renexij”. Un possibile riferimento a un luogo, l’odierna località canalese Renesio, dove probabilmente si coltivava questa varietà.
Già nel ‘700 si parla dell’Arneis come di una tra le uve più qualitative, al pari del moscato e come questa vinificata principalmente dolce o sotto forma di vermouth, conosciuta con il nome di Ormesio e tra il ‘700 e ‘800 come Arnesio. Il nome arneis compare all’inizio dell’800, e nei registri contabili si parla di “bianco Arnesi” contrapposto a “bianco di uve diverse”.
In merito al Roero Rosso, la quasi totalità delle aziende, tuttavia, produce Roero Docg con nebbiolo in purezza.
Dal punto di vista generale dei vini va riscontrata una crescita soprattutto sul modo di esprimere e lavorare il vitigno arneis, dovuta anche alla sempre maggiore consapevolezza che per apprezzarlo al meglio è preferibile gustarlo dopo almeno uno/due anni dalla vendemmia, oltre al fatto di non servirlo troppo freddo, cosa che purtroppo accade ancora per la maggioranza dei vini bianchi, facendo perdere la bellezza e la sfaccettatura di queste referenze.
Tra i diversi assaggi fatti sul territorio senza dubbio emerge che la 2019 è stata senza dubbio una bella annata, la 2020 altrettanto buona, ma forse leggermente meno esplosiva.
I vini in linea generale si esprimono dimostrando la loro energia caratterizzata da una sapidità spinta e in alcuni casi anche da una lieve e interessante sensazione tannica, risultando mediamente equilibrati. Il profilo olfattivo spazia soprattutto sul floreale, a cui si aggiungono note di erbe officinali e la frutta secca.
Molto interessanti i Roero Rosso Riserva 2017, che hanno sorpreso per eleganza e connotati da erbe officinali e macchia mediterranea.
Ulteriore novità è l’abbandono dei diserbi chimici, partita dall’estate scorsa (i produttori per il 97% hanno votato a favore), che deve accordarsi con altri regolamenti dei vari comuni e il consorzio non può fare da solo. Consapevolezza che nel rispetto del territorio è molto importante per far convivere ambiente e coltivazione.
Inoltre il Consorzio, con l’obiettivo di rendere sempre più semplice e immediata la conoscenza di questa denominazione, sta promuovendo a livello locale e nazionale diverse iniziative, rivolte tanto agli appassionati quanto agli operatori del settore. Nascono così sia i Roero Days, le Roero Wine Week e i WineTour tra i cru del Roero – quattro esperienze di tour guidato alla scoperta del territorio – frutto della collaborazione tra il Consorzio di Tutela del Roero e l’Ecomuseo delle Rocche del Roero.
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